Lo chiede ufficialmente la Federazione Italiana Pubblici Esercizi  (Fipe Confcommercio) in rappresentanza di più di 300mila imprese, in Italia,  nel settore della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo. 

“Il tema della limitazione degli sprechi e di un uso consapevole e sostenibile delle risorse alimentari è stato proprio al centro del nostro recente convegno promosso in collaborazione con Ascom Confcommercio Ferrara e Comune di Argenta  su “Cibo, Globalità e Dieta Mediterranea” come ricorda il presidente nazionale dei Giovani Imprenditori Fipe Matteo Musacci che prosegue : “Le proposte di legge in esame, pur richiamando nelle loro presentazioni il settore dei pubblici esercizi, appaiono essenzialmente rivolte ai settori della produzione e distribuzione di alimenti e si riferiscono essenzialmente a generi confezionati – come  spiega Musacci che ricopre anche l’incarico di presidente Fipe provinciale – nel caso specifico però mentre nelle famiglie è entrato nell’uso quello di consumare il cibo avanzato da pasti precedenti,  la situazione per un bar od un ristorante è radicalmente differente:  infatti al consumatore bisogna offrire cibi freschi al meglio delle loro qualità organolettiche e di impatto visivo. Tutto ciò si traduce per la  ristorazione  con l’obbligo di dover scartare enormi  quantità di prodotto non consumato. Ignorare gli esercizi pubblici e privilegiare esclusivamente i prodotti confezionati significa perdere 1/3 dei consumi di alimenti e ingenti quantità di prodotti pronti soprattutto per il consumo immediato e disponibili ad essere correttamente riutilizzati”. L’appello della Federazione al Parlamento si traduce nella richiesta di inserire emendamenti specifici a favore degli operatori del settore.  I consumi fuoricasa a livello nazionale costituiscono ad oggi il 34% dei consumi alimentari, per un valore di 20 miliardi di acquisti di alimenti. Questo significa che un terzo dei consumi alimentari avviene proprio nei pubblici  esercizi e, in parallelo, si deve ritenere che una percentuale di alimenti quantomeno identica, se non superiore, venga sprecata. Manca in definitiva una normativa specifica in grado di facilitare il lavoro degli esercenti nella gestione del cibo invenduto. “Alimenti freschi, non confezionati e deperibili che, pur essendo ancora in buono stato e fruibili non sono più adatti ad essere serviti alla clientela e che potrebbero invece essere facilmente destinati ad associazioni del Terzo settore, Enti caritatevoli, Mense –  auspica Musacci e conclude – esiste peraltro a Ferrara un mondo attivo e presente del Volontariato e della Carità che potrebbe vedere incrementata  la sua efficacia in virtù di una collaborazione organizzata dal punto di vista legislativo con il nostro settore della ristorazione”. 

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